L’azione militare intrapresa dal presidente turco Erdoğan contro la Siria nordorientale rappresenta molto bene lo stato attuale delle relazioni internazionali. E spinge a interrogarsi su quanto il fatale 2001 e la guerra unilaterale degli Stati Uniti abbiano contribuito a marginalizzare, per usare un eufemismo, le regole e il diritto internazionale.
La Turchia, dopo settimane di annunci, entra militarmente nel Nord Est della Siria, provando a definire una cosiddetta fascia di sicurezza a Est del fiume Eufrate lungo tutto il confine. L’intervento – l’ennesimo in Siria – non ha alcuna giustificazione, è contrario ad ogni convenzione internazionale e, anche volendo ammettere l’operazione come necessaria misura di ‘lotta al terrorismo’ (così l’hanno giustificata Turchia e Russia, ammesso che l’espressione abbia ancora un senso), manca di alcuni requisiti indispensabili (fra tutti, la temporaneità: la Turchia è in Siria per restarci, con effetti di lungo periodo inquietanti).
È l’ennesima evidenza del mondo verso il quale siamo lanciati: il nuovo ordine non si vede, ma quello vecchio è stato integralmente distrutto.Oggi, con gli egocentrici tweet del presidente Trump, che un giorno annuncia il (parziale) ritiro per provare, il giorno dopo, a tenere a bada la Turchia, gli Stati Uniti segnano un ulteriore tappa che ben evidenzia l’unilateralismo che contraddistinguerà il prossimo futuro.
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